DCT come soluzione alla sottorappresentazione nella ricerca biomedica

Il progressivo allungamento della speranza di vita sta determinando una rapida e costante crescita della popolazione anziana in tutto il mondo. Questa fascia di popolazione è responsabile di una quota significativa del consumo di farmaci. Nel 2019 infatti, il 98% degli anziani sopra i 65 anni ha ricevuto almeno una prescrizione farmaceutica, con un consumo giornaliero pari a tre dosi ciascuno. Sono i dati che emergono dall’ultimo Rapporto sull’uso dei farmaci nella popolazione anziana condotto da OsMed e coordinato da Aifa e Iss. Risultati facilmente allineabili a quelli di altri Paesi, come gli Usa, in cui la popolazione over 65 è responsabile di circa il 34% del consumo di farmaci a prescrizione.
Un trend globale per questa fascia di età, che però non trova il medesimo riscontro negli studi clinici, in cui gli over 65 continuano a essere una categoria sottorappresentata. Tale situazione mette in evidenza la necessità di progettare trial clinici sempre più inclusivi. Rispetto agli anziani le ricerche cliniche tradizionali spesso presentano, infatti, ostacoli legati a problemi di mobilità, logistici in genere e la necessità di supporto continuativo da parte dei caregiver. I Trial Clinici Decentralizzati (DCT) offrono una soluzione efficiente ed efficace alle nuove sfide che il mondo farmaceutico ha colto e deciso di affrontare negli ultimi anni.

Trial clinici e pazienti anziani

Questa prospettiva apre diversi interrogativi circa gli studi sui farmaci e su future terapie digitali (DTx), che dovrebbero quindi considerare le caratteristiche dei pazienti destinatari, e quindi prevedere in questo senso una maggiore inclusione anche degli anziani. La sottorappresentazione di questo campione – più evidente quando si considerano persone dai 75 anni in su, individui con più di tre patologie o che assumono più di tre farmaci – è confermata, per esempio, da recenti studi condotti negli Stati Uniti, che sottolineano come il deficit di sperimentazioni dedicate possa portare alla commercializzazione di farmaci con minore efficacia e maggiori effetti collaterali su questa fetta di popolazione.

Una criticità che emerge, in particolare, relativamente ad alcune aree terapeutiche, come le patologie del sistema nervoso centrale ma anche le malattie infettive. I cambiamenti fisiologici e patologici legati all’età, infatti, influiscono significativamente sull’assorbimento dei farmaci, rendendo di primaria importanza una revisione dei criteri di selezione dei pazienti nei clinical trial, oltre ad eliminare gli impedimenti presenti.

Le barriere all’ingresso

Ogni trial clinico prevede necessariamente criteri di inclusione ed esclusione nel campione di pazienti su cui condurre la sperimentazione. Come accennato, però, la scarsa accessibilità alle sperimentazioni per gli anziani, a causa di patologie e problemi di mobilità, nonché problemi logistici ed economici, comportano difficoltà ad affrontare spostamenti verso i Centri clinici. Difficoltà che si trasferiscono, sul caregiver, quando presente, che dovrebbe fare da supporto.

La selezione e l’arruolamento di persone anziane nei trial clinici diventano complessi, allungando anche i tempi di completamento dello studio e incrementandone di conseguenza i costi.

I DCT come strumento di inclusione

Una delle opzioni maggiormente prese in considerazione dalle aziende farmaceutiche prevede di ridurre al minimo gli spostamenti al Centro sperimentale, trasferendo alcune attività del trial clinico al domicilio del paziente tramite servizi di telemedicina. Attraverso i DCT, infatti, le visite di infermieri specializzati nella conduzione degli studi clinici (“Research Nurse”) permettono ai pazienti di partecipare alla sperimentazione, rimanendo però nel proprio ambiente domestico, potendo fornire direttamente da remoto le rilevazioni di parametri necessari nelle visite periodiche previste dal Protocollo clinico sperimentale.

Proprio in virtù di questi e altri vantaggi i Dct sono sempre più adottati e diventano uno strumento di semplificazione, inclusione e ottimizzazione dello studio clinico. A dimostrarlo sono, in particolare, i dati relativi ai trials riguardanti patologie quali l’Alzheimer, la demenza e l’artrite – riscontrabili nella popolazione più anziana – che riportano un aumento significativo nell’uso di elementi tipici della decentralizzazione tra il 2018 e il 2022. Un cambiamento che non solo ha reso effettivamente più facile arruolare persone in età avanzata, ma ha anche, grazie all’utilizzo delle tecnologie, contribuito a ridurre il tempo impiegato per le ricerche e la durata dello studio, determinando una importante riduzione dei costi. Lo confermano i dati raccolti in alcuni studi: il tempo di arruolamento si è ridotto da 22.53 mesi a 16.35, mentre la durata degli studi si è ridotto di oltre dieci mesi, passando da una media di 32.8 ad una di 21.83.

La componente umana

Le visite a domicilio da parte di personale sanitario di un provider qualificato, specializzato e formato sulla buona pratica clinica in ambito trial possono facilitare la somministrazione del farmaco. Ciò perché tale formazione segue gli ambiti GCP-ICH eCRF, eDiary, CTMS, IVRS, rispetto a protocollo sperimentale, area terapeutica, prodotto/terapia di riferimento, e sfrutta le piattaforme EDC per la raccolta dei dati. L’obiettivo è il training al paziente e al caregiver su modalità, tempi e tecniche di auto-somministrazione e modalità di conservazione della terapia. Durante le visite sono ovviamente rilevati i parametri vitali (HR, BR, SpO2, temperatura, pressione), oltre che effettuati e refertati da remoto esami diagnostici (ECG), prelievi di campioni ematici a domicilio e/o test urine con invio del campione a un laboratorio centralizzato. Inoltre, è previsto anche l’impiego di app e medical devices dedicati alla raccolta dei dati sperimentali.